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venerdì 16 dicembre 2011

Può servire ?

Non so se sia il caso di riprendere questa strana attività, ma nonostante il tempo a mia disposizione sia sempre minore, qualcosa continua a spingermi verso questa direzione. Di certo non sento le voci della vocazione, ma forse questi piccoli colpetti sulla spalla hanno lo stesso valore, o forse sono io a pensarlo. Fatto sta che mi ritrovo qui a rispolverare questo vecchio e trascurato blog , per riprendere un discorso lasciato in fasce urlante di fame e di voglia di mamma , e cercare di portarlo in fase adulta, o almeno scolarizzarlo. Lo scopo essenziale ? In realtà non lo conosco nemmeno io, ma sono sicuro che con l'andare del tempo si rivelerà prima a me e poi, eventualmente , a voi.
Gli scopi subalterni, invece, quelli si li ho chiari nella mente ; una maggiore visibilità del blog, qualche commento esterno, un pò di chiacchiere sul tema e , in definitiva, confronti con il mondo esterno che fin qui sono stati assenti. Un piccolo sforzo per poter far crescere questa creatura proveniente dal profondo degli abissi. 

lunedì 7 febbraio 2011

La morte nel confessionale

Non sono sicuro di aver capito fino in fondo questa visione di Bergman. Non sono nemmeno sicuro di aver capito alcune delle immagini e con questa premessa , mi premunisco dicendo di voler correre il rischio di scrivere delle stupidaggini. L'attesa di un film cupo, tenebroso, ermetico è im parte stata smentita dall'ironia del film, dei suoi personaggi e dalla tragica comicità con la quale gli stessi affrontano eventi terribile e bui del tredicesimo secolo, come la peste, la fame, l'ignoranza, la violenza della chiesa e , infine, la morte. Lo stesso protagonista ha quasi sempre stampato sul volto un sorriso che allo stesso tempo sa di sfida e di rassegnazione, di coraggio e di stanchezza verso un destino che una partita a scacchi può solo allungare nel tempo. Tuttavia la setssa, terribile morte, ben rappresentata da quel volto pallido e lugubre, la stessa morte si presenta disposta a rimandare, a mettersi in gioco , ad essere ironica e anche a truffare l'uomo, quando si fa svelare la strategia nascondendosi nel confessionale, o quando posiziona i pezzi sulla scacchiera in modo da poter vincere. Una morte fatta umana, perchè la morte è umana, alla stregua dei roghi o delle risse nelle taverne, della solare bellezza della famiglia di saltimbanchi così felici della propria essenza da sembrare quasi stupidi. Il film è cupo , colorato da scale di grigi che lo rendono ancor più inquietante, ma allo stesso tempo è pervaso da una sottile linea di speranza che può solo trovare conforto nella stupidità dell'uomo, stupidità ed ignoranza che permettono di dimenticare il tragico destino della condizione umana. Tuttavia dovrei rivederlo per poter capire veramente quello che Bergman ci ha voluto dire, o forse è proprio una visione unica, uno sguardo non approfondito che lascia allo spettatore la vera essenza della pellicola.  

sabato 29 gennaio 2011

Il vestito arancione di Anne Heche

C'è qualcosa di angelico e allo stesso tempo di demoniaco nello sguardo, nell'atteggiamento e nella sensuale magrezza di Anne Heche, una delle protagoniste del remake shot for shot di Psycho di Gus Van Sant. Angelico è il suo taglio di capelli, corti , sbarazzini, da uccellino indifeso. Angelico è il suo sorriso così innocente e sereno, pieno di una vitalità che la porta per amore a rubare denaro. Demoniaco è il suo sguardo impresso così bene mentre guida verso Las Vegas o chissà dove per quella sperduta highway americana. E demoniaca è la sua decisione nel controbattere alle richieste di un poliziotto troppo sospettoso per lei. Nel mezzo a queste sensazioni c'è quel suo vestitino arancione e verde a trama di fiori , con quel colletto dal bavero enorme ripiegato su se stesso , senza maniche, legato in vita. Corto. E quegli orecchini con quei due pennacchi che riprendono i colori del vestito e che sembrano proprio ciuffi di uccellino che le decorano il viso.I bottoni di madreperla, grandi, si intravedono, mentre , nervosa, cerca la patente nella borsetta cercando di non rivelare il pacchetto pieno di soldi. Dettagli che sfuggono a chi osserva di fretta la scena lasciandosi confondere da quello che potrà succederle e da quello che certamente le succederà. Ma a chi è capace di sognare quel vestito a tema floreale arancione e verde evoca ben altre cose. Ha il profumo di un vecchio armadio da tanto rimasto chiuso, il colore della polvere di una strada di provincia verso località sconosciute e allo stesso tempo il sapore di una metropoli anni '60 ancora convinta che il suo sviluppo sarà eterno. Perchè quei due colori, così sapientemente accostati, sono l'incontro voluto e maledetto di quello che è la vita. La beatitudine e la dannazione.

mercoledì 26 gennaio 2011

Riflesso irreale

E' stato ipotizzato che la realtà altro non sia che un riflesso di luce, un ologramma. Addirittura che il tutto non esista e che sia solo uno spazio bianco dove il cervello umano riversa i propri pensieri. Una specie di immensa tela neutra pronta per essere riempita dall'uomo. L'ipotesi è sconvolgente e allo stesso tempo affascinante. Allo stesso tempo ho pensato che i sogni siano un'anteprima del mondo reale. una rappresentazione fugace e sfuocata di quello che veramente è il mondo. Tempo e spazio ridotti ai minimi livelli e allo stesso tempo espansi all'infiito.pensieri e persone, parole e luoghi che si sovrappongono , che si intersecano e che poi vengono proiettati su uno schermo bidimensionale. Come conciliare tutto questo con gli affanni quotidiani e con gli affetti. Se guardando vostra moglie, al ritorno dal lavoro la sera, vi balenasse in mente l'idea che quello che state guardando non è la persona che avete sposato anni prima, ma solo una proiezione del vostro pensiero, un desiderio mai realizzato, insomma, una piatta raffigurazione della vostra mente, che cosa pensereste ? e se il dolore, la sofferenza al pari della gioia o dei momenti felici fossero solamente sogni e incubi prodotti dal vostro cervello , sareste le stesse persone di adesso ? un universo piatto privo di spazio e di tempo, nel quale la terza dimensione nella quale ci muoviamo è solamente la proiezione del nostro pensiero nel futuro. Come conciliare quest'idea con l'impostazione che abbiamo dato alla nostra vita ? Doamnde enormi, risposte difficili da trovare ma una porticina che si apre nella nostra coscienza e che ci spinge inesorabilmente ad indagare. il mondo dei sogni, a questo punto, diventa un mondo reale, la visualizzazione cerebrale della realtà reale. Quelle due ore di media per notte durante le quali sognamo sono le uniche, vere ore che trascorriamo immersi nella realtà per poi rigettarci nella fittizia quotidianità al nostro risveglio.